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Un profilo di Luigi Granelli

di Maria Chiara Mattesini

Scrivere di una persona non è cosa semplice. In un certo senso ci si appropria della sua personalità e diventa, così, un lavoro di enorme responsabilità morale, con la speranza di avere bene interpretato il suo pensiero e il suo operato. Nel caso di Luigi Granelli, il più loquace e prolifico biografo di se stesso, forse il compito è stato facilitato, appunto, dalla grandissima quantità di materiale che egli stesso ha prodotto. Una ricchezza di documenti che rivela il desiderio di farsi capire, la volontà di chiarezza, la trasparenza e l’onestà intellettuale. La sua imponente attività oratoria e pubblicistica e la costante presenza in ogni fase del dibattito politico ci rivelano un’altra caratteristica fondamentale della sua personalità: l’intensa partecipazione alla battaglia delle idee, il desiderio di esserci e di battersi per il bene comune. Da questo punto di vista, e non solo, è lecito affermare che Granelli è una delle figure principali a cui si deve fare riferimento nell’analisi del cattolicesimo democratico.

Per chi studia da molto tempo la sua figura e il contesto politico nella quale si colloca, il compito più difficile è stato, semmai, quello di non “innamorarsene”, per non perdere l’obiettività. Ma proprio questa obiettività ci suggerisce di ricordare e valorizzare la sua statura, la sua idea di politica e di fare politica, la visione di una democrazia come inclusione e partecipazione, il senso dell'amicizia, come dimostra tanta sua corrispondenza privata, con gli amici che sono rimasti con lui nel partito e con coloro che, invece, hanno scelto percorsi politici diversi.

Già in queste poche righe trova risposta la domanda: perché creare un sito dedicato a lui?

Il materiale qui raccolto proviene prevalentemente dal suo archivio privato, conservato presso l’Istituto Luigi Sturzo di Roma. Dalla vastità degli argomenti trattati, riflesso anche dei numerosi interessi ed incarichi assunti nel corso della sua lunga attività politica, oltre che della sua curiosità intellettuale, si possono estrapolare, fin dall'inizio, alcune prospettive che saranno poi sviluppate negli anni successivi e che costituiscono la cifra identificante la sua persona. Prospettive che hanno costituito, anche, la griglia concettuale di questo sito, le sue parole chiavi: una sorta di vademecum allo scopo di stimolare la riscoperta di un pensiero che ancora oggi è in grado di fornirci validissimi orientamenti. I temi guida riguardano la prassi della democrazia, la politica internazionale, la difesa dei lavoratori, la ricerca scientifica, la politica economica e la comunicazione pubblica e televisiva. Gli scritti e i discorsi, che il sito propone e la cui selezione è stata ardua, ma necessaria, sono articolati in varie sezioni, dove trovano posto quelli tratti dalle riviste e dai convegni e quelli svolti durante la sua attività parlamentare, ministeriale e nelle numerose associazioni politiche e culturali. Il sito offre, inoltre, una sezione biografica, con i ricordi, la galleria fotografica e l’infografica; una dedicata alla Base, con la sua storia, i suoi protagonisti, la sua pubblicistica e i contributi, in essa, di Granelli e, infine, una sezione contenente articoli e libri su Luigi Granelli, interviste e discorsi audio, video, volantini elettorali, lettere e biglietti. 

Ma chi era, dunque, Luigi Granelli? Classe 1929, faceva parte della così detta ''terza generazione” della Democrazia cristiana. La sua vicenda politica coincide con la storia della corrente di Base, l'ala progressista del partito, di cui fu uno degli esponenti più brillanti, coraggiosi e coerenti: il “Pietro Ingrao della Dc”, come è stato soprannominato. È lo stesso Granelli a fornirci alcuni dati salienti della sua vita e della sua formazione culturale e politica, scrivendo così di se stesso: alla voce “titolo di studio” si autodefinisce un «autodidatta». E poi, sulle esperienze formative e sui primi incarichi politici a livello locale, afferma: «Dopo un'esperienza di lavoro in fabbrica, dirigente di ente pubblico e di società a partecipazione statale. Iscritto al partito dal 1945». Alla domanda: «Ha partecipato alla Resistenza?» risponde: «Sì, nei primi mesi della liberazione nel circolo di Azione cattolica di Lovere soprattutto come opera di opinione e di sostegno dei partigiani». Di seguito si legge: «Ho fatto parte dell'Azione cattolica in qualità di dirigente diocesano, dal '45 al '49, dirigente provinciale delle Acli dal '46 al '48, iscritto alla Cisl dal '46 al '49 e dirigente provinciale della Coltivatori diretti dal '46 al '49». Dai primi anni Cinquanta l'impegno di Granelli in politica è stato in continua ascesa con incarichi nel partito, a livello locale e nazionale, e nel governo del Paese. Tuttavia, la sua figura è ancora poco conosciuta e manca uno studio scientifico accurato ed anche una semplice sintesi biografica. Questo sito vuole anche essere il tentativo di colmare queste lacune.

Autodidatta ed ex operaio (elementi non comuni), la cui vicenda politica, come accennato, coincide con quella della corrente di Base, da lui fondata assieme ad altri amici nel settembre del ’53, a Belgirate. Luigi ha ventiquattro anni.  Una “tribù sparsa”, come ebbe a definirla Nicola Pistelli, del gruppo basista di Firenze. Perché la Base, in modo del tutto originale, è presente un po’ in tutta Italia, come dimostrano i documenti presenti nel sito, anche se è indubbio che la sua roccaforte è stata la Lombardia. Proprio la Lombardia è stata sede, oltre che della nascita della corrente, della prima giunta di centrosinistra, che si costituisce a Milano nel 1961: il coronamento di un sogno, di un progetto coltivato sin dall’inizio e che, anzi, rappresenta la causa principale della nascita della corrente. Il nome dato ad essa, infatti, non è casuale, naturalmente. La Base si presenta come un laboratorio di idee, una sorta di palestra, di scuola di coscienza civile, dove non ci sono maestri o leaders (altra anomalia), ma dove prevale la “circolarità” del racconto, nelle riunioni quasi quindicinali di Via Mercato a Milano come nei numerosissimi convegni e iniziative organizzati. Un laboratorio che tenta, riuscendoci, di diventare anche militanza operosa e, soprattutto, filtro delle cose che vengono dal basso, dalla base appunto. L’incontro con i socialisti non è solo una formula di governo. È, soprattutto, la partecipazione delle masse alla costruzione del bene pubblico, la possibilità, per tutti e tutte, di dare il proprio contributo alla felicità pubblica, di sentirsi parte di.

In quella prima riunione a Belgirate del ‘53, prende la parola, per primo, don Federico Mercalli, prete partigiano: «Siamo qui perché dietro queste montagne c’erano i nostri partigiani; sette medaglie d’oro, venti d’argento… la libertà conquistata con il sangue ed il sacrificio dei nostri partigiani martiri devono servire per costruire il paese nuovo e una democrazia vera, che viene dal popolo, nel rispetto della giustizia e della legalità; occorrerà ancora unità d’intenti, impegno ed altruismo, ma si prospetta un più sereno futuro di pace e di ricostruzione». Queste poche parole, pronunciate da un sacerdote ad un gruppo di giovani che si qualificheranno come i più “laici” all’interno della Dc, rappresentano, per così dire, la summa del pensiero basista, un pensiero che diventa prima di tutto un comportamento, uno stile di vita. Come dimostra un altro aspetto inusuale: la Base è l’unica corrente dove si usa il nome adottato durante la Resistenza: Giovanni Marcora è, per tutti, “Albertino”.

Uno stile di vita, come testimoniano la già accennata corrispondenza privata di Luigi Granelli e i tanti suoi interventi qui proposti: il discorso, ad esempio, sulla così detta “Legge Mammì”, quello svolto a favore dell’elezione diretta del Parlamento europeo, oppure l’intervento all’ultimo congresso del Partito Popolare a Rimini nel 1999. Documenti nei quali emerge il fattore umano, ulteriore tratto che caratterizza la figura di Luigi. A Lidia Menapace, che nel ’68 lascia il partito democristiano per entrare in quello comunista, scrive: «Io non giuro sulla DC; fino a quando resteremo nella DC difendo la sua funzione. Abbiamo il dovere di contribuire allo sviluppo della democrazia in politica; solo se un giorno verrà meno la sua funzione storica allora… Quando si ha un’opinione differente si fonda un partito nuovo: il dilemma esiste ma io scelgo di restare per cambiare le cose». Si è voluto citare queste poche righe di una lunga lettera, perché bene esemplificano la cifra umana di cui si diceva: l’onestà e la passione, ma non solo. Io scelgo di restare per cambiare le cose: un suggerimento da tenere presente in un’epoca in cui l’esasperata frammentazione degli interessi non è più indice di democrazia, ma di egoismo. Parole, quelle scritte a Lidia Menapace, che anticipano quelle di addio pronunciate nel citato congresso di Rimini: il testamento spirituale e politico di Luigi, col quale spiegava le ragioni di una non facile scelta, le dimissioni dal Partito popolare italiano, «perché quando il dibattito sulle idee sparisce, il partito rischia molto. Restano solo i contrasti personali».

Questo era Luigi Granelli.

Un monito che vale sempre: l’importanza della elaborazione culturale e l’idea di pensare non nel privato, ma nel contesto associativo, quello dei così detti corpi intermedi, che ha a che fare col problema, sempre aperto, del rapporto e dell’incontro tra la volontà politica e le forme di aggregazione sociale. Ecco, dunque, i temi a lui cari: l’evoluzione degli istituti democratici e la democratizzazione del potere. «Che cosa significa la stabilizzazione del potere se non è accompagnata dalla democratizzazione», si chiedeva Luigi ad una riunione, nell’aprile del 1965, della Radar, l’agenzia della Base fondata e diretta da Giovanni Di Capua. «Ora, il disegno politico, la caratterizzazione, la sintesi politica di un partito, quale può essere, se non la capacità di interpretare questa trasformazione della società a livello istituzionale?». Granelli poneva la questione centrale che sarebbe poi esplosa nel e col ’68: il problema del «risveglio dell’autonomia civile, condizione essenziale per lo sviluppo qualitativo dello stato democratico».

Una democrazia “inclusiva”, quella elaborata e proposta da Granelli, che deve valere come criterio guida per giudicare della positività o meno delle dinamiche storiche nella loro complessità. La democrazia è la cartina di “tornasole”, la prova che aiuta a capire della bontà o meno di una scelta politica o di una riforma in termini di maggiore partecipazione della base alla cosa pubblica. Una democrazia che si sostanzia di partecipazione e di pluralismo, concetti ben presenti nel suo orizzonte, che lo ispirano e lo guidano nel suo lavoro all’interno del partito, al Comune di Milano, nelle sedi parlamentari e legislative. Partecipazione dal basso e riconoscimento delle molte e diverse realtà, in cui sempre di più si articola la società civile, si concretizzano nell'ascolto, nella curiosità di conoscere i nuovi fermenti, nella lotta all'illegalità e alla corruzione, nell'analisi e comprensione delle forme di dissenso che iniziano ad essere visibili già all'inizio degli anni '60, nell'incoraggiare lo sviluppo degli enti intermedi: comuni, province, regioni, nella difesa dei diritti dei lavoratori e dei più deboli, fossero essi gli italiani che vivono e lavorano all'estero, oppure i popoli dei paesi in via di sviluppo. Non si può non citare la battaglia per l’ordinamento regionale, previsto dalla Costituzione: il coronamento di un altro sogno, in direzione di una maggiore capacità di interpretare le trasformazioni della società a livello istituzionale. Non si può non ricordare, altresì, la prima Conferenza Nazionale sull’Emigrazione, organizzata da Luigi in qualità di Sottosegretario agli Affari Esteri e tenutasi a Roma dal 24 febbraio al 1° marzo 1975 col titolo: “Meno emigrazione, più integrazione”.

Una visione democratica che Granelli ha sempre e strettamente ancorata alla realtà internazionale, alla sua osservazione, comprensione ed interpretazione, all’interno, anche, di un progetto teso alla sprovincializzazione della cultura italiana, attraverso l’impegno assiduo per la promozione di un sapere non solo umanistico, ma anche tecnico, mortificato e considerato di serie “b” dalle influenze ancora operose dell'idealismo crociano. Le sue molte iniziative per lo sviluppo del settore scientifico-tecnologico, negli anni in cui ha ricoperto la carica di Ministro per il coordinamento delle iniziative per la ricerca scientifica e tecnologica, sono la prova di questa sua attitudine mentale. Per citarne solo qualcuna: è stato promotore del progetto che ha dato piena attuazione all'adesione dell'Italia al Trattato Antartico del 1959, che prevedeva l’esecuzione di un programma di ricerche scientifiche e tecnologiche in Antartide; grazie a lui, inoltre, l’Italia è stata inclusa nel Progetto EUREKA. Infine, ed è forse l’iniziativa più importante, a Luigi si deve la promozione e la creazione, nel 1986, dell’Agenzia Spaziale Italiana. Il varo dei piani di settore fra università e industria nei settori strategici delle biotecnologie, dell’elettronica e della chimica, le iniziative come l’istituzione del Laboratorio di Luce di Sincrotone a Trieste, e il decisivo aumento dei finanziamenti alla ricerca scientifica hanno rappresentato, inoltre, un valido argine alla così detta “fuga dei cervelli”. Una battaglia difficile, la realizzazine a Trieste del Laboratorio di Luce di Sincrotone, poiché Germania e Francia si erano di fatto già accordate per realizzarne la sede a Grenoble, con un direttore generale tedesco. Luigi non pensò, certo, di mettere in discussione questa decisione, ma ebbe il guizzo e la prontezza di spirito di aggiungere una sua condizione: in parallelo, a Trieste, sarebbe stata costruita una macchina più piccola, nazionale e aperta ai paesi dell'Est, dove la comunità scientifica itaoiana avrebbe potuto prepararsi adeguatamente all'utilizzo ottimale della nuova installazione europea. La società consortile pubblica Sincrotone Trieste, tra l'altro, ha potuto godere della massima flessibilità essendo del tutto separata dagli Enti Nazionali di Ricerca e dalle loro rigidità burocratiche, esigenza prioritaria della visione strategica di Granelli.

Ottiene, inoltre, che venga attribuito all’Italia il finanziamento offerto dall’UNIDO (United Nations Industrial Development Organization) per la creazione, sempre a Trieste, della sede italiana del Laboratorio di Ingegneria Genetica dell'International Centre for Genetic Engineering and Biothecbilogy (ICGEB), un progetto che opera nel campo della genetica molecolare e delle biotecnologie. Una vicenda, anche questa, complicata e delicata, poiché ai vertici dell'UNIDO siedono funzionari di nazionalità indiana di ottimo livello, i quali, comprensibilmente, aspirano a realizzare qusto centro in India. Su suggerimento del consigliere Giorgio Rosso Cicogna, l'empasse viene superata così: la Direzione Generale a Trieste e creazione di due laboratori, uno a Trieste e l'altro a New Delhi.

Prova di questa apertura mentale è anche l’impegno speso in favore della formazione professionale dei lavoratori, attraverso, ma non solo, la presidenza dell’Istituto nazionale per l’addestramento e il perfezionamento dei lavoratori dell’industria (Inapli) e la collaborazione alla rivista dell’Inapli «Qualificazione», della quale Granelli è stato direttore dal 1961 al 1967. È questo ciò che più stupisce in Luigi: lo straordinario intreccio di una cultura vastissima con l’esperienza pratica, in particolare, con quella svolta in fabbrica, dove matura la sensibilità per i valori della giustizia sociale e della promozione del mondo del lavoro e dei suoi diritti.

Un’esperienza eclettica: come si diceva all’inizio, è sorprendente il coinvolgimento di Luigi in ogni fase del dibattito politico che, alla fine degli anni Ottanta, lo vede ancora protagonista, come Ministro delle Partecipazioni Statali, di una stagione turbolenta e cruciale della vita economica del Paese. Non pregiudizialmente contrario alle privatizzazioni (è stato a favore, ad esempio, a quella di Mediobanca e di Lane Rossi), non manca, però, di esprimere preoccupazione per quelle forme di privatizzazione non collegate al riallocamento delle risorse e per il prevalere delle ragioni finanziarie su quelle di una seria e necessaria riorganizzazione produttiva  e industriale. Si rifiuta, ad esempio, di firmare il decreto Enimont, ossia l'accordo tra Eni e Montedison per la costituzione del polo chimico Enimont. E a niente valsero i tentativi di Ciriaco De Mita, presidente del Consiglio, segretario del partito democristiano, nonché compagno di corrente e amico, a convincere Luigi a firmare il decreto. Nel successivo governo, Granelli non fu riconfermato Ministro delle Partecipazioni Statali.

E poi, ancora, la sua straordinaria disponibilità. Si è parlato, all’inizio, di stile di vita, di comportamenti. Ecco: Luigi era così nel pubblico e nel privato, per le grandi e per le piccole cose. Come non ricordare l’ospitalità e le cure affettuose che, assieme alla moglie Adriana, ha riservato a Bernardo Leighton e sua moglie Anita, esuli cileni vittime di un attentato terroristico in Italia il 5 ottobre 1975. Come non ricordare, ancora, la sua lungimiranza, la sua visione mai disgiunta dal presente come dalle prospettive future, la sua vivacità, il suo senso della praxis: la necessità di immergersi nella Storia per conoscerla, lo “sporcarsi le mani”, insomma, che ne fanno uno dei migliori interpreti degli insegnamenti di Luigi Sturzo, nonostante le molte diversità e polemiche che contrassegnarono il loro rapporto e, più in generale, il rapporto del politico siciliano con la corrente di Base, mediate solo dalla sapienza dell’amico Gabriele De Rosa. È nel concetto di democrazia partecipativa, nel richiamo al popolo che Granelli e Sturzo si incontrano e concordano. Si può, allora, riconoscere in lui il migliore interprete del popolarismo e nella Base il suo più fedele portavoce.

Di questo popolarismo Luigi dà prova, in particolare, al Comune di Milano, durante gli anni Sessanta, un decennio di grandi trasformazioni soprattutto sul piano sociale. Granelli interagisce e dialoga con le nuove generazioni, con le nuove tendenze artistiche e con le nuove forme associative che spontaneamente iniziano a nascere, come i comitati di quartiere e di periferia. In un intervento a “Tribuna Politica” del 27 aprile 1967, dedicato al tema dei giovani e pubblicato nel sito, Granelli non si ferma di fronte allo stereotipo della “disaffezione dei giovani” alla politica. La situazione di Milano, come di molte altre città italiane e non, dimostra, anzi, il contrario. Non si tratta della crisi dei valori, ma della crisi, casomai, «di ideologie chiuse» e Luigi non risparmia critiche al suo partito: «guardi quanti giovani dopo il Concilio giudicano severamente la Democrazia cristiana, che pure è un partito che si ispira a quei principi [...] se c'è una critica che i giovani ci fanno (è una critica giusta, che io condivido), è proprio che noi siamo ancora indietro rispetto all'evoluzione democratica della società». Onestà, passione, ascolto, umiltà ed uno stare in “mezzo alla gente” che non prende mai la deriva del populismo, perché il popolarismo di Granelli, sulla scia di Sturzo, è sinonimo del risveglio dell’autonomia civile, condizione essenziale per lo sviluppo qualitativo dello stato democratico.

Un percorso politico a ritroso, quello di Granelli, che, dopo Sturzo, recupera la figura di Romolo Murri con la fondazione, nel 1994, dell’Associazione dei popolari intransigenti: intransigenti, innanzitutto, verso se stessi, prima ancora che verso gli altri. In realtà, allora, è più giusto dire che la vita di Luigi non coincide solo con la storia della Base. Granelli è presente in tutta la storia del cattolicesimo democratico. Le sue molte letture, da autodidatta, lo hanno reso partecipe delle tappe più salienti di questa storia e solidale con i suoi più importanti protagonisti: Jacques Maritain, Emmanuel Mounier, John Maynard Keynes, William Beveridge, Giorgio La Pira, solo per citare alcuni nomi.

Sono state qui ricordate alcune cose di Luigi; questo scritto vuole essere soltanto una breve introduzione al sito a lui dedicato, un sito estremamente ricco di documentazione che, ci si augura, possa costituire una illuminante lettura anche per il domani.